L'Unione Europea vieta la vendita delle stoviglie in plastica monouso

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[ 17/07/2019 ]  

I nostri fiumi, i nostri mari e gli esseri viventi che ci vivono sono da salvaguardare. Salvaguardando loro, contribuiamo a tutelare noi e il nostro futuro. Questo è l’obiettivo che si è data l’Unione Europea vietando l’utilizzo delle stoviglie in plastica monouso. Un primo passo da cui partire e ripartire per contrastare un problema che sta diventando sempre più prioritaria. I benefici di questo intervento riguardano una diminuzione dei danni ambientali pari ad un costo equivalente di 22 miliardi di euro entro il 2030, un risparmio per i consumatori nell’ordine di 6,6 miliardi di euro, oltre ad un taglio delle emissioni di 3,4 tonnellate di CO2 equivalente. L’obiettivo del legislatore europeo con questa disposizione è di limitare l’inquinamento dei mari provocato in larga parte dai materiali plastici che, decomponendosi molto lentamente, resistono nel tempo, continuando ad essere presenti, non solo nelle acque ma anche nelle viscere dei pesci, finendo anche nella catena alimentare.  La messa al bando prevista dalla direttiva plastiche monouso (SUP) riguarda posate e piatti di plastica, cannucce, bastoncini cotonati, sacchetti di plastica oxodegradabili e contenitori per alimenti in polistirolo espanso.vL’impatto economico che il provvedimento avrà sul nostro paese non è trascurabile, essendo l’Italia un forte utilizzatore di questi prodotti ed anche il primo produttore europeo con un fatturato intorno al miliardo di euro e circa 3000 addetti che operano all’interno di una trentina di aziende.   

La plastica “buona”

Sicuramente la disposizione promossa dal Parlamento Europeo non risolve il problema che è globale, ma rappresenta un primo doveroso passo, anche culturale, per sensibilizzare i circa 500.000 milioni di europei al problema e alla necessità di cambiare abitudini privilegiando consumi e prodotti più ecocompatibili. I prodotti banditi dovranno essere sostituiti con altri in bioplastica compostabile ed uno dei materiali che i produttori privilegeranno sarà il PLA, acronimo che identifica un acido polilattico biodegradabile e compostabile, non solo in condizioni di compostaggio industriale a temperature superiori a 50° e con elevato tasso di umidità, ma anche a temperatura ambiente. Il PLA è un polimero termoplastico derivante da zuccheri naturali che non impatta sull’ambiente, essendo biodegradabile e compostabile al 100% e che possiede caratteristiche comparabili con quelle di altre plastiche in commercio in termini di trasparenza, brillantezza, rigidità e resistenza a sollecitazioni meccaniche, ad agenti chimici ed a oli e grassi. Il PLA è una plastica che rimane stabile in condizioni ambientali standard, e in caso di abbandono si degrada in circa 15 mesi senza lasciare inquinanti, un tempo ben inferiore rispetto al secolo che richiede la plastica. 


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