Se Google diventa medico

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[ 19/01/2020 ]  

Circa un anno fa Google ha offerto alla società di dati sanitari Cerner una proposta insolitamente ricca. La Cerner Corporation stava cercando tra i giganti della Silicon Valley chi potesse custodire oltre 250 milioni di cartelle cliniche, una delle più grandi raccolte di dati sensibili dei pazienti statunitensi. Google si è dimostrata molto interessata, offrendo circa 250 milioni di dollari tra sconti e incentivi.

All’azienda di Mountain View, ovviamente, non serviva chiudere l’ennesimo affare milionario: l’obiettivo era analizzare e aggregare i dati sanitari di milioni di americani. Alla fine Cerner ha stretto un accordo di archiviazione con Amazon, ma l'affare fallito rivela un aspetto di Google che in pochi conoscono: la sfida per ottenere la fiducia dei partner sanitari e del pubblico.

Google ha stretto collaborazioni con alcuni dei più grandi sistemi ospedalieri degli Stati Uniti e con i più rinomati fornitori di servizi sanitari, molti dei quali di vasta portata. In pochi anni, la società ha raggiunto la capacità di visualizzare e analizzare decine di milioni di cartelle cliniche di pazienti americani, secondo un'analisi del Wall Street Journal.

La prospettiva che i giganti della tecnologia stiano accumulando quantità enormi di documenti sanitari ha sollevato preoccupazioni tra legislatori, pazienti e medici, che temono che tali dati sensibili possano essere utilizzati senza la conoscenza o il permesso degli individui.

Google sta sviluppando uno strumento, simile al suo motore di ricerca principale, in cui le informazioni sui pazienti vengono archiviate e raccolte nei propri server, e analizzate dagli ingegneri dell'azienda. Il portale è progettato per l'uso da parte di medici e infermieri, oltre che dai pazienti stessi.

I dirigenti di Google affermano che la condivisione dettagliata dei dati sarà utilizzata per migliorare le ricerche sulla salute. L’ampio utilizzo di dati aiuta ad alimentare gli algoritmi che Google sta creando per rilevare il cancro ai polmoni, le malattie degli occhi e le lesioni ai reni. Mentre i dirigenti sanitari sono contenti di poter usufruire di migliori sistemi di registrazione elettronica per ridurre i tassi di errore e ridurre le scartoffie.

L'informazione medica è forse l’ultima area di dati personali che resta da conquistare per le società tecnologiche. Gli sforzi in tal senso di altri giganti della tecnologia come Amazon e IBM affrontano lo scetticismo da parte di medici e pazienti. Ma nonostante i campanelli d’allarme riguardo alla privacy, sono in molti a credere che ciò possa portare più benefici che altro.
Google e i suoi partner affermano che i dati dei pazienti che vengono condivisi sono aggregati senza informazioni personali come nomi e date di nascita, e che serviranno per diagnosticare più rapidamente le malattie.

"Non puoi mettere le conoscenze in una scatola" ha dichiarato Deven McGraw, consulente della holding Alphabet, di cui fa parte Google. “Se le persone possono imparare le cose, le macchine possono imparare le cose meglio e più velocemente”.

Anche in Italia la cattiva abitudine di consultare il web ai primi sintomi per auto-diagnosticare la probabile patologia si è sempre più diffusa negli ultimi anni. Con una media di 4 miliardi di ricerche web l’anno – 95 per utente – e con un tasso di crescita del 14%, sono milioni gli italiani che, in presenza di piccoli disturbi, si sono rivolgono al web in cerca di informazioni. Il rischio è quello di incappare in fake news o diagnosi errate, ma le analisi dicono che in futuro ci rivolgeremo sempre più all’intelligenza artificiale per la nostra salute. Speriamo che il Dottor Google impari in fretta come curarci. 


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