Aiuto, mi si è ristretta la spesa!

Notizie & curiosita'
[ 24/04/2022 ]  

Nessuno se ne accorge, tranne forse qualche consumatore pignolo che contando il numero di fazzoletti di carta contenuti in un pacchetto, sa che da tempo ce ne sono nove e non più dieci. Altri forse si sono chiesti come mai certi pacchi di pasta pesano 400 grammi invece che il familiare mezzo chilo. In generale sono davvero pochi gli acquirenti che si sono resi conto del cambiamento, o sono in grado di fare confronti fra il prima e il dopo. Secondo l’Unione Consumatori, il fatto ‘passa sotto lo sguardo inconsapevole’ dei consumatori, non abituati a prestare attenzione alle etichette, se non per la data di scadenza. Al fenomeno è stato dato nome davvero poco simpatico e ancor meno pronunciabile: shrinkflation, sintesi di due termini inglesi, (shrinkage) e rincaro (inflation). Insomma, le confezioni rimangono simili ma contengono mediamente meno prodotto, con un prezzo invariato e a volte aumentato. Così, senza saperlo, spendiamo la stessa cifra settimanale, o magari di più, per una spesa che però mediamente dura meno. E non è perché qualcuno di famiglia si è messo a mangiare di più, adesso sappiamo che è colpa della shrinkflation. Formalmente non c’è dolo in questa ‘pratica’ dei produttori del largo consumo alimentare e non. Certo è che il consumatore si potrebbe sentire ‘raggirato’, come peraltro denunciano varie associazioni di consumatori. Insomma, è sempre bene ricordare di tenere sempre alta l’attenzione su cosa compriamo sia per qualità, sia per la quantità. Eviteremo così di trovarci un piatto di pasta ristretto.

L’effetto shrinkflation riguarda molti alimenti e prodotti di uso comune: dai biscotti alle patatine, ai fazzoletti, alla carta igienica, alla pasta, ossia il piatto nazionale da sempre venduto in confezione da mezzo chilo, chilo e multipli di chilo. Difficile accorgersene al primo sguardo, se l’impacchettamento - il packaging - è rimasto quello di sempre. Il fenomeno pare si sia sviluppato negli Stati Uniti, prende il nome dagli inglesi che per primi hanno rilevato queste differenze.   Secondo gli esperti dell’Istituto di statistica britannico (Ons, Office for National Statistics), negli ultimi sei anni sono circa 2.500 casi in cui le confezioni (soprattutto alimentari e per l’igiene della casa) sono state ridimensionate in peso e quantità. Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Istituto nazionale di statistica - l’Istat - nel quinquennio 2012- 2017 ha rilevato oltre 7.300 casi di ‘restringimento’ di prodotti nei mercati, rivendite e supermercati. Nello stesso periodo, è stato modificato anche il prezzo per i 4.983 prodotti. Le categorie maggiormente interessate al ‘restringimento’ sono alimentari: zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele (in 613 casi diminuzione della quantità e aumento del prezzo) e in quello del pane e dei cereali (788 casi in cui, però, si è riscontrata solo una riduzione delle confezioni). Bibite, succhi di frutta, latte, formaggi, creme e lozioni sono le altre categorie di prodotti a cui è bene prestare particolare attenzione. Per garantire i consumatori da un eventuale rischio raggiri, l’Unione dei consumatori ha segnalato il crescente fenomeno all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, e denunciato il fenomeno alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui diritti dei consumatori, che ha fra i suoi compiti anche questo genere di controlli.


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