Spese di Natale: la crisi ci rende più sostenibili

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[ 06/12/2022 ]  

I consumi alimentari diminuiscono, compriamo meno per quantità e qualità e rinunciamo in tutto o in parte a certi alimenti, con il risultato che (probabilmente) sprechiamo meno e mangiamo meglio. La spesa alimentare del periodo natalizio, tradizionalmente abbondante e ricca, quest’anno sarà probabilmente più prudente,  ridimensionata a causa dei rincari generalizzati dei prodotti, della preoccupazione per l’ammontare delle bollette energetiche. Sarà anche una spesa un po’ ‘malinconica’, poiché è impossibile ignorare tutto quello che succede intorno a noi. Anche in questa versione forzatamente risparmiosa dei festeggiamenti natalizi però possiamo trovare un lato positivo, un’opportunità di cambiamento verso abitudini alimentari più salutari, e più sostenibili. Ad esempio, la riduzione dei consumi e  una maggior accortezza negli acquisti potrebbero avere l’effetto positivo di diminuire gli sprechi. Precisiamo che cercare di evidenziare un aspetto ‘buono’ della situazione critica che viviamo non vuole sminuire in nessun modo la preoccupazione e la considerazione per il generale impoverimento di tutti, o quasi, e per le crescenti difficoltà dei soggetti fragili (a basso reddito), più duramente colpiti dai rincari di prodotti ed energia.

A cosa rinunciamo

Secondo il recentissimo rapporto di Coldiretti/Censis (Coldiretti è la principale organizzazione agricola a livello nazionale, Censis è un importante istituto di ricerca socio-economica), un italiano su due (52%) ha modificato la sua spesa alimentare, riducendo per quantità o qualità il cibo che porta in tavola; l’effetto è dirompente per tutti, ma soprattutto per le famiglie a più basso reddito. Il 47% degli italiani ha tagliato la quantità di cibo acquistato (24% redditi alti, 60% redditi bassi), il 37%  ha risparmiato sulla qualità (46% a basso reddito, 22% con alto reddito). Il rapporto traccia una classifica degli alimenti più penalizzati dalla crisi. Al primo posto i ci sono gli alcolici, eliminati (in tutto o parzialmente) dal 44% degli italiani che, in pari percentuale, riducono anche il consumo di dolci; il 38,7% dei consumatori rinuncia a salumi, pesce (38%) e carne (37%). Non vengono risparmiati gli alimenti per bambini con il 31% di persone costrette a ridimensionarne gli acquisti. Meno colpiti dalla scure dei rincari sono gli alimenti base della dieta mediterranea: il 16% dei consumatori ha ridotto l’acquisto di frutta; il 12% di verdura e l’11% di pasta. Questa classifica della sottrazione non è certo una bella notizia, ma la severità del quadro generale contiene un’indicazione positiva per la nostra salute e anche per quella del pianeta.

La dieta mediterranea: salutare e sostenibile 

Alcolici, zuccheri e salumi, ai primi posti nella classifica delle rinunce alimentari totali o parziali, non sono certo i cardini di una nutrizione salutare, come invece è la dieta mediterranea, a base di frutta e verdura di stagione, cereali, legumi, moderate quantità di carne, pesce e uova, e minime porzioni di salumi e dolci. La dieta mediterranea, oltre che salutare è anche un modello alimentare sostenibile, si stima infatti che il suo impatto ambientale sia di circa il 60% inferiore a quello di una alimentazione di tipo nordeuropeo o nordamericano, basata maggiormente su carni e grassi animali. Il regime alimentare mediterraneo prevede generalmente il consumo di porzioni moderate di alimenti integrali e freschi, poco trasformati, stagionali e nel rispetto delle biodiversità territoriali: sono prodotti che oggi vengono definiti sostenibili, a chilometro zero. Inoltre, adottare un modello alimentare di tipo mediterraneo, privilegiando cibi di stagione, prevalentemente cereali e vegetali, permetterebbe di tenere maggiormente sotto controllo la spesa alimentare. 

Buone pratiche di sopravvivenza

Oltre a una contrazione degli acquisti alimentari, e in certi casi (purtroppo) a forzate rinunce, il rapporto Coldiretti/Censis racconta di come i tempi di crisi favoriscano comportamenti virtuosi da un punto di vista della lotta allo spreco alimentare. Il 58% degli italiani ha iniziato a cucinare utilizzando avanzi dei pasti precedenti, il 52% dei lavoratori consuma sul posto di lavoro cibi che porta da casa. Anche al ristorante aumentano comportamenti fino ad ora più abituali dei paesi anglosassoni: il 49% dei clienti dichiara di essere pronto a chiedere la doggy bag, cioè la vaschetta con le pietanze non consumate da portare a casa. Ed è altrettanto interessante notare come le persone stiano modificando l’approccio alla spesa alimentare: l’81% degli italiani prepara una lista ponderata degli acquisti da fare, per evitare di cedere a spese d’impulso e ai molteplici stimoli attivati nei punti vendita, facendo attenzione a prodotti in offerta e promozioni (83%). Il 72% degli italiani sceglie i discount per la spesa alimentare e 8 italiani su 10 acquistano dove possibile prodotti agricoli italiani, il 69% cerca regolarmente prodotti a chilometro zero e il 50% effettua acquisti nei mercati dei contadini, per rifornirsi di prodotti freschi e che durano di più, ma anche per sostenere le realtà locali, ridurre l’impatto ambientale, insomma per essere più sostenibili. 


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